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Visita all’ex campo di sterminio di Auschwitz II-Birkenau

5 Febbraio 2019 by federicabertolli Leave a Comment

Fede dietro al filo spinato del campo di sterminio
Baracche nel settore femminile di Birkenau

Seguito del racconto di viaggio agli ex campi di concentramento e sterminio di Auschwitz II-Birkenau.

11 gennaio 2019: BIRKENAU

In polacco Brzezinka, ovvero il paese delle betulle, un terreno paludoso, abitato prima della seconda guerra mondiale da contadini.

Stasera tornando a piedi da Birkenau verso Auschwitz abbiamo trovato un pannello con delle fotografie per strada, tra le vie del paese. Le fotografie mostrano i contadini in partenza dalle proprie abitazioni, sfollate nel 1941. I materiali degli edifici distrutti servirono per costruire parte delle baracche del campo.

La superficie riservata all’intero complesso di Auschwitz-Birkenau ricopriva quaranta chilometri quadrati. Oltre ai tre principali: Auschwitz, Birkenau e Monowitz (dove fu internato Primo Levi), c’erano una cinquantina di campi sussidiari, costruiti dai prigionieri, principalmente nei pressi di miniere, fonderie, stabilimenti industriali e fattorie.

La prima parola che mi viene pensando a Birkenau è: immenso. Ora è tutto ricoperto di neve e si fa fatica a vederne i confini, nonostante il filo spinato (che durante la guerra era a 700 V), e le torri di controllo.

Entrando dalla rampa ferroviaria, che portava i treni direttamente dentro al campo di sterminio si trova un vagone per il bestiame, come quelli usati per i deportati. Chi era sopravvissuto ai viaggi estenuanti da ogni parte d’Europa trovava la morte appena sceso dal treno. La maggior parte delle persone che arrivavano a Birkenau non passava la selezione e andava nella colonna verso la camera a gas.

Alcuni treni arrivavano ancora più avanti, all’ingresso dei forni crematori. Le selezioni erano state fatte prima di partire, erano tutti destinati a essere uccisi appena arrivati.

Il primo forno crematorio fu realizzato nel campo di Auschwitz, ma non era abbastanza efficiente, a Birkenau costruirono i forni più grandi No.2 e No.3 in fondo al campo, e ancora No.4 e No.5 nascosti al confine con il bosco. Ma non bastavano mai, arrivavano migliaia e migliaia ogni giorno, spesso dovevano aspettare di essere uccisi fuori dalle camere a gas. Anche i forni crematori erano affollati e spesso bruciavano i corpi a cielo aperto.

A destra di trovano i settori maschili, con baracche in legno, come quelle delle scuderie per cavalli, ancora come animali. Per le SS erano economiche, veloci da montare e smontare all’occorrenza, come fecero alla fine del 1944, quando iniziò lo smantellamento per distruggere le prove dei crimini commessi.

A sinistra le baracche di mattoni nel settore delle donne. Furono le prime ad essere costruite, dopo optarono per quelle in legno. Le donne erano meno degli uomini: uccise appena arrivate insieme ai propri bambini, con una puntura di fenolo al cuore o gassate e incenerite. Spesso una donna prendeva più bambini e li accompagnava a morire salvando qualche amica, sorella o figlia.

Dall’esterno queste baracche sembrano quasi delle case ma appena entrati si sente la morte con gli occhi e con il cuore. Due file di tavole per dormire e l’ultima direttamente a terra, con un po’ di paglia marcia. Molti avevano la dissenteria e si capisce che chi riusciva a salire in cima al castello era fortunato.

Tra i forni e il bosco c’è un blocco dove chi era scampato alla selezione iniziale veniva spogliato, rasato, tatuato, lavato con un getto di acqua gelata o bollente e vestito, se così si può dire, con una divisa usata “disinfettata” con il vapore e consegnata bagnata. Niente biancheria, calze, cappotto o altro indumento. Da quel momento solo un numero tedesco, vietato farsi chiamare per nome o parlare la propria lingua. I cinquecento bambini, cavie di Josef Mengele, trovati dai russi alla liberazione non sapevano più come si chiamavano, né parlare la propria lingua.

In questo edificio sono esposte le fotografie ritrovate in una valigia sotterrata con i ricordi di persone, famiglie intere, non numeri. Siamo abituati a pensare alle vittime della Shoah (che non si possono contare, dato che chi era selezionato per la camera a gas appena arrivato non veniva neanche registrato), come spettri che camminano, a vedere i volti emaciati, senza capelli, con gli occhi vuoti. In questi pannelli si vedono persone vere, famiglie felici e spensierate, feste, neonati, primi passi, primi bagnetti, uomini in giacca e cravatta, donne con vestiti e cappelli. Tutti andati in fumo.

Proprio in fondo, prima del forno No.3 si trovava la baracca dove Mengele torturava le sue vittime con esperimenti di tutti i tipi, soprattutto su bambini e gemelli. Crudeltà pura, senza limite né anestesia. Anche la mia mamma aveva una gemella, uguale, sarebbero finite qui di sicuro, me lo diceva sempre.

MAI PIÙ: il silenzio dei sopravvissuti

“Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti”, Primo Levi.

I pochissimi che hanno avuto la fortuna nella sfortuna di essere deportati nell’ultimo periodo prima della liberazione, o quanti avevano una dote o professione utile alle SS, chimico come Primo Levi, illustratore come David Olère, violinista come Helena Dunicz Niwińska, hanno avuto più possibilità di altri di salvarsi. Per questo hanno sofferto tutta la vita per il senso di colpa e la vergogna di essere usciti da quell’inferno, dove avevano visto morire, o semplicemente non visto più, tutti i membri della propria famiglia.

Durante la guerra le case degli ebrei erano state occupate dai vicini, intere famiglie sparite, nessun ricordo, niente di niente. E i pochi sopravvissuti non potevano parlare di quanto avevano vissuto, gli orrori della prigionia e dello sterminio. Chi aveva denunciato, o semplicemente assistito alla deportazione di massa non voleva sapere dove erano andate quelle persone o che cosa fosse accaduto dopo.

In Polonia tutti i ragazzi sono obbligati a visitare questi luoghi almeno una volta. Spero che anche in Italia si arrivi a questa consapevolezza.

Non ci sono parole per descrivere che cosa si vede o raccontare i crimini atroci commessi qui, nel cuore dell’Europa, tra boschi ricoperti di vischio portafortuna. Solo camminando sulla neve ghiacciata, tra filo spinato, rovine dei forni crematori, baracche con file di buchi uno attaccato all’altro per liberarsi dagli escrementi, fosse scavate dai prigionieri e binari che portano alla morte si può sentire le urla delle innumerevoli persone a cui è stata rubata la vita.

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Nel precedente post il video della visita al Campo di concentramento di Auschwitz, nel prossimo la partenza e qualche info pratiche su come venire a visitare questi luoghi di orrore e morte. Per non dimenticare di che cosa è capace l’uomo, se guidato da suoi simili senza umanità.

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Visita al Museo di Auschwitz

28 Gennaio 2019 by federicabertolli Leave a Comment

Fede al cancello Arbeit macht frei
All’ingresso dell’ex campo di concentramento

Per la Giornata della Memoria ho pubblicato il video della visita al Museo nell’ex campo di concentramento di Auschwitz.

Condivido la parte del diario di viaggio in cui racconto questa dolorosa giornata (per leggere la prima parte del diario, sul il viaggio in treno, clicca qui).

10 gennaio 2019: AUSCHWITZ

Siamo appena tornati dalla visita al Museo dell’ex campo di Auschwitz, dall’altra parte del parco qui davanti.

La nostra guida Margherita ci ha consegnato i documenti con l’autorizzazione a fare fotografie e video e mi ha chiesto di attaccare un adesivo sulla giacca per essere riconoscibile all’interno del campo. Eravamo nello stesso edificio dove i deportati venivano spogliati, rasati e tatuati.

L’ingresso al Museo

Stamattina ho varcato il cancello “Arbeit macht frei”con un’etichetta sul petto, in cuor mio in memoria dei distintivi cuciti alle divise a righe dei deportati: stella di Davide per gli Ebrei, triangolo rosso per i prigionieri politici, nero per gli asociali (Rom), rosa per gli omosessuali, ogni categoria ne aveva uno diverso.

Sembra incredibile ma sono riusciti a conservare quasi tutto com’era durante la guerra, in alcuni blocchi sono allestite delle mostre, in altri il museo con fotografie e resti di quello che trovarono dopo la liberazione.

L’orrore dei crimini nazisti

Non ci sono parole per descrivere questo luogo, né la crudeltà che ha regnato, in crescendo, per cinque anni. Le fotografie degli internati torturati e uccisi sono atroci, ma quando sono entrata nella sala dove sono conservati due delle otto tonnellate di capelli ritrovati nel campo non sono riuscita a trattenere le lacrime.

Una catasta immensa di capelli: chiari, scuri, intrecciati, pettinati. Solo una minima parte, capelli di donne uscite dal camino in pochi giorni, gli ultimi non ancora spediti al Terzo Reich per imbottire materassi o uniformi delle SS.

Le persone che arrivavano qui pensavano di iniziare una nuova vita e portavano gli oggetti più preziosi con sé: oro, gioielli e utensili per la vita quotidiana, per un massimo di venticinque chili a testa.

Una fotografia ritrae il binario del treno poco dopo uno dei continui arrivi giornalieri: guardie e detenuti addetti a recuperare i bagagli abbandonati dopo la selezione. L’organizzazione era assoluta, ogni cosa veniva assimilata ad uso del Terzo Reich.

La squadra dei Sonderkommando

La stessa cosa succedeva negli spogliatoi prima di entrare nelle camere a gas, o dopo, quando una squadra speciale chiamata Sonderkommando, composta da detenuti, aveva il compito di tagliare i capelli e strappare i denti d’oro ai corpi prima di portarli al piano superiore, dove venivano bruciati nei forni crematori.

Shlomo Venezia, uno dei pochissimi Sonderkommando sopravvissuti, nella sua testimonianza racconta che arrivato a Birkenau aveva detto di essere un barbiere ma gli unici capelli che ha tagliato erano quelli dei corpi usciti dalle camere a gas. Il suo amico dentista invece strappava i denti d’oro che poi venivano fusi in lingotti e trasportati in Germania.

Nel blocco 21 abbiamo visitato l’esposizione dei disegni di un altro prigioniero della squadra del Sonderkommando nel campo di sterminio di Auschwitz II, ovvero Birkenau. David Olère era un pittore e scenografo francese di origine polacca, dopo la liberazione iniziò a disegnare e dipingere l’orrore che aveva vissuto nel campo. I suoi quadri urlano l’incubo della violenza folle inflitta a chiunque arrivava in quell’infermo.

I bambini di Auschwitz-Birkenau

“I bambini disegnano quello che vedono”è la mostra nel blocco 27 dedicata ai bambini. Un’artista israeliana ha riprodotto i disegni dei bambini prigionieri dei campi che furono ritrovati dopo la liberazione. Non si vedono prati, case, sole e giochi, ma bombardamenti, fucilazioni, treni in arrivo al campo, impiccagioni.

Domani andiamo a Birkenau, il campo costruito appositamente per lo sterminio di massa, aperto nel 1942, per attuare la cosiddetta “Soluzione finale alla questione ebraica”.

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Prossimo post e video: la visita al Campo di sterminio di Birkenau, ovvero Brzezinka,  che i polacchi chiamavano prima della guerra “il paese delle betulle”.

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Un giro a Lucca Comics & Games 2018

1 Novembre 2018 by federicabertolli Leave a Comment

Un fumettista sta disegnando con una penna speciale sul un tablet, collegato al computer
Lucca Comics & Games 2018, stand della Scuola del Fumetto.

Ho visto crescere negli anni questa manifestazione che ha contribuito a far conoscere la nostra piccola città in tutta Europa. Ultimamente venivamo con i bambini a passeggiare sulle mura, a mescolarci con i cosplayer tra le vie di Lucca.

La città si anima di personaggi fantastici e appassionati di tutti i generi, con eventi, appuntamenti, giochi e anteprime che attirano ogni anno sempre più visitatori.

Quest’anno ho deciso di rientrare nei padiglioni di Lucca Comics & Games e ho trovato delle piacevoli sorprese, eccone alcune qui di seguito.

Il buio, la lunga notte graphic novel sul caso Cucchi, edito da Round Robin, editore specializzato in graphic journalism.

A #luccacomicsandgames2018 l’#anteprima del #graphicnovel sul #casocucchi: “Il buio, la lunga notte” #stefanocucchi @RoundRobined #nonchiamatelasoloeditrice #graphicjournalism pic.twitter.com/CRxig8rC4O

— Federica Bertolli (@fedebertolli) 1 novembre 2018

Un altro romanzo a fumetti è …e noi dove eravamo? di Silvia Ziche, Feltrinelli Comics (scoperta oggi!).

Un #graphicnovel di #silviaziche sulla #storiadelledonne, edito da #FeltrinelliComics. #luccacomicsandgames2018 #LuccaCG2018 pic.twitter.com/iGJH7CVHqn

— Federica Bertolli (@fedebertolli) 1 novembre 2018

Salvezza invece è il graphic novel sempre di Feltrinelli Comics, dedicato al caso Aquarius.

Oggi #luccacomicsandgames2018 ho scoperto la #FeltrinelliComics. Ecco #Salvezza sul caso #Aquarius di @Marco_Rizzo e @LelioBonaccorso pic.twitter.com/aIfOB1ouXB

— Federica Bertolli (@fedebertolli) 1 novembre 2018

Un’opera che onora le antiche tradizioni locali è il nuovo volume di “Lucca a fumetti: Misteri e leggende, dedicato alle leggende della Mediavalle & Garfagnana. Ideato da Rugiada Salom Ferretti, edito da Pacini Fazzi Editore – Lucca e creato dallo sceneggiatore Antonio De Rosa ed i fumettisti Pierfrancesco Buonomo, Riccardo Ruggine Pieruccini e Laura Tedeschi.

Vi aspettiamo al nostro stand a Real Collegio durante il Lucca Comics & Games i nostri fumettisti sono pronti a farvi una dedica speciale!

Geplaatst door Lucca a fumetti: Misteri e leggende op Woensdag 31 oktober 2018

 

Nel frattempo i bimbi si divertivano con il Lego nel padiglione Lucca Junior:

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#legocity #legocreator #luccacomics2018 #luccacg18 #luccacomicsandgames @luccacomicsandgames

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Laboratorio “Crea con i mattoncini” 150 kg di mattoncini Lego e Duplo al Padiglione Junior. #luccacomics #luccacg18 #luccacomicsandgames #kids #bambini #family #gioco #creativita @luccacomicsandgames

A post shared by federica bertolli (@federica.bertolli) on Nov 1, 2018 at 1:37pm PDT

Domani vorrei andare a vedere “Introduzione al kimono, con vestizione”, un incontro con il Maestro Tomita, in collaborazione con l’Ambasciata del Giappone.

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Dialogo interreligioso e OpenArtCode a Firenze

20 Aprile 2018 by federicabertolli Leave a Comment

Statua con madre e bambino in braccio, realizzati in una gomma rossa, bianca e blu fusa insieme.
Close, di Agneta Gynning. 2013. Gomma 162x35x15 cm.

Please scroll down for English version

Ieri è stata una giornata ricca di sorprese! Sono andata a Firenze per un corso di aggiornamento per giornalisti sul dialogo interreligioso, che si teneva nella sale sotto alla Basilica di San Lorenzo.

La prima sorpresa è stata trovare nel Salone di Donatello, che ho attraversato per arrivare al corso, la mostra OpenArtCode appena inaugurata.

Un’esplosione di colori e di emozioni, plasticità moderna e tratti raffinati, tridimensionalità, intrecci geometrici, delicati fiori e gioiosi uccelli.

La seconda sorpresa un tavolo di relatori quasi indistinguibili: tre normali signori in giacca che conversavano amichevolmente. L’Imam non era vestito con la tunicona, il Rabbino non aveva la lunga barba, il Vicario solo il collarino bianco.

Per l’Imam di Firenze Izzedin Elzir, presidente dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia) aprire un dialogo interreligioso vuol dire rispettare sé stesso e conoscere l’altro.

“Quando sono arrivato a Firenze, ventisette anni fa, avevamo tutti paura, eravamo pieni di pregiudizi gli uni contro gli altri. Nel 1993, in seguito all’attentato terroristico mafioso agli Uffizi, il sindaco invitò le diverse comunità per una preghiera interreligiosa. Iniziammo così a dialogare tra musulmani, ebrei e cattolici: come cittadini italiani fiorentini. Il dialogo toglie tanti pregiudizi e paure, aprendo uno spazio di collaborazione.”

Amedeo Spagnoletto, il Rabbino di Firenze eletto lo scorso ottobre, apre con queste parole il suo discorso: “Bisogna che la città prenda atto che noi si parla, e si parla tanto”. A Firenze questo trio (Imam, Rabbino e Vicario) si vede spesso, la città e le comunità religiose sono abituate a incontrarsi e vivere momenti comuni.

Rivolto ai giornalisti il Rabbino ha ricordato che la verità deve essere detta senza sottrazioni e senza aggiunte: “alcuni maestri ebraici associano il giornalismo al dovere di testimoniare. Vi invito a farvi sempre la domanda se quello che scrivete aggiunge, toglie o è una falsità.”

Di fake news ha parlato anche Mons. Andrea Bellandi, Vicario generale dell’Arcidiocesi di Firenze, citando il messaggio di Papa Francesco per la giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Il Vicario ha parlato anche della missione del giornalista e della centralità delle persone che stanno dietro alle notizie. “Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone.”

Interessante anche il concetto di infoetica, ovvero l’etica dell’informazione. “Necessaria – secondo Papa Benedetto XVI – in questo ambito, un’info-etica così come esiste la bio-etica nel campo della medicina e della ricerca scientifica legata alla vita.”*

Alla fine del corso mi alzo (infreddolita dalle temperature decisamente più fresche rispetto al caldo e desiderato sole che illumina la piazza) con il desiderio di andare a visitare la Sinagoga di Firenze.

La Moschea Blu di Istanbul è uno dei luoghi che mi ha affascinato di più. Mi ricordo di essere andata alla Sinagoga di Vienna tanti anni fa senza riuscire ad entrare. Ora è arrivato il momento!

Trond Are Berge-Under
Alex Braverman-Chicago-jewelers
Agneta Gynning-The winner
Carole St-Germain-Choregraphie
Lore Eckelberry-Mel Blue
Zarita Abello-Flores de paz
Alia Fernandez-Enchanted garden
Alia Fernandez-Enchanted-garden

*dal messaggio di Benedetto XVI per la 42esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.

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English version

Inter-religious dialogue and OpenArtCode in Florence 

Yesterday was a day full of surprises! I was in Florence, at the Basilica di San Lorenzo, in occasion of a refresher course for journalists on inter-religious dialogue.

The first surprise was the OpenArtCode exhibition at Salone di Donatello: it has been just inaugurated!

An explosion of colours and emotions: sculptural quality and refined lines, three-dimensionality, geometric interweaving, fragile flowers and joyful birds.

The second surprise was to find three indistinguishable speakers: they were all wearing suits and ties and they were having a very friendly conversation. The Imam was not wearing the long tunic, the Rabbi had not a long hairy beard and the Vicar just the white collar.

Izzedin Elzir has been the Imam of Florence and President of the Union of the Islamic Communities in Italy (UCOII) since 1991. In his opinion the inter-religious dialogue means respect yourself and know the other.

“When I first arrived in Florence – twenty-seven years ago – we were all afraid of each other, full of prejudices. In 1993, after the mafia terrorist attack in the Uffizi, the mayor invited the leaders of the different communities for an inter-religious prayer. Thus we began to dialogue between Muslims, Jews and Catholics: as Italian Florentine citizens. Dialogue wipes out prejudice and fear, opening a way to collaborate.”

 Amedeo Spagnoletto was elected the Rabbi of Florence last October. He opens his speech with these words: “The city must note that we speak, and a lot!”. Florence citizens are in fact used to meet this trio (Imam, Rabbi and Vicario) in many public events, and their religious communities often celebrate together meetings and events along the year.

Finally, the Rabbi reminded the attending journalists that the truth must be told without less nor plus: “Some Jewish masters connect journalism to the duty of testify. I encourage you always to ask yourself before writing, if you are stealing or adding something.”

Mons. Andrea Bellandi, is the General Vicar of the Archdiocese of Florence. He spoke about fake news, quoting the message of Pope Francis for Pope Francesco for World Communication Day.  The Vicar main topic was the journalist mission and the centrality of the human person behind the news. “Information deals with the building and the influencing of people lives”.

Interesting and very stimulating also the idea of info-ethics, the ethics of information: “For this reason it is essential that social communications should assiduously defend the person and fully respect human dignity. Many people now think there is a need, in this sphere, for “info-ethics”, just as we have bioethics in the field of medicine and in scientific research linked to life.”*

At the end of the meeting I am almost chilly (down in the basement of the Basilica the temperature is many degrees lower than in the sunny courtyard). I stand up from my chair wishing to visit the Synagogue of Florence.

The Blue Mosque in Istanbul is definitely one of the places that fascinated me most. I remember when I tried to visit the Synagogue of Vienna many years ago, without being able to enter. Now is the time!

*from the message of the Holy Father Benedict XVI for the 42nd World Communications Day.

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Oggi festa! Vado a fare la mammografia

12 Aprile 2018 by federicabertolli Leave a Comment

Primo piano: felice!
Felice dopo la mammografia

Ogni volta che vado a fare un controllo, dopo ormai quindici anni dal mio tumore al seno, mi prendo un giorno tutto per me, per assaporare la paura che mi spinge a continuare a fare esami e visite, per ricordarmi quanto sono fortunata e quanto è meravigliosa la vita. Per ringraziare e donare la mia gioia a quante più persone possibile, specialmente a chi è incanalato nei problemi quotidiani, apparentemente importanti, in realtà fuorvianti e nocivi alla salute, alla vita e alla felicità vera.

Qui il racconto sulla mia esperienza di malattia e rinascita: l’Asciugamano azzurro.

  • Fede mammografia-1

    Fede mammografia-1

    Fede mammografia-2

    Fede mammografia-2


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Ieri sono andata a fare la mammografia a Pistoia, poi un ottimo macchiato, una passeggiatina alla ricerca di qualcosa di bello e di nuovo in macchina per andare a prendere i miei tesori più grandi a scuola.

Ho trovato, scoperto e ascoltato tante cose belle, eccole:

Entrando nella chiesa di San Francesco a Pistoia sono rimasta folgorata dalle enormi vetrate colorate, dall’organo a canne inglese del 1896 e dagli splendidi affreschi.

Prendendo il caffè ho aperto Repubblica e ho trovato con piacere un bellissimo articolo sulla 13sima edizione del National Geographic Festival delle Scienze 2018, (dal 16 al 22 aprile, Auditorium Parco della Musica di Roma). La 13sima edizione è dedicata alla causa delle cose, questo è il link del programma.

Bimbo che ride
Programma Festival delle Scienze 2018: La causa delle cose

In macchina alla radio (Radio3 Scienza), intervistavano due ragazze che stanno partecipando alle Olimpiadi femminili di matematica a Firenze: una doccia di bollicine! Con poche parole hanno trasmesso emozione, gioia, sfida, giovinezza e intelligenza, amore per la scienza e voglia di condividere la propria passione.

Per finire la programmazione di Radio3 Scienza mi ha regalato un bellissimo Concerto per pianoforte e orchestra n. 2 di Rachmaninov.

Le mani della pianista sullo strumento inquadrate da dietro, sembra di essere vicino a lei
Rachmaninoff Piano Concerto no.2 op.18 – Anna Fedorova

 

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Qualcosa su di me

Famiglia e viaggi, arte, musica e cultura, cucina e salute. Amo scoprire, ascoltare e incoraggiare le persone a trovare la gioia di vivere. Continua…

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Sul Blog del Corriere della Sera

Il mio racconto pubblicato dal Corriere della Sera sul blog Malattia come opportunità:

Pagina del blog del Corriere della Sera

Diario di viaggio su La Nazione

Il mio diario di viaggio sulla visita ad Auschwitz-Birkenau pubblicato su La Nazione:

Fede al cancello di Auschwitz: "Arbeit macht frei"

L’asciugamano azzurro

Grande platano con cielo azzurro

… È caldo in bagno. Dopo la doccia ho sempre la pressione particolarmente bassa. Mi siedo sul water e mi strofino la testa. Eccoli sull’asciugamano azzurro. Ci siamo.

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