
Il Giappone mi ha sempre affascinato. Una visione del mondo così lontana da quella occidentale, il contrasto tra voci e sentimenti discreti e raffinati, contro il rigore e il rispetto assoluto dell’onore. La figura della Geisha e il mondo dei Samurai.
Chi è il Maestro Tomita?
Durante l’ultima edizione dei Lucca Comics and Games sono andata a un incontro con il Maestro Nobuaki Tomita, designer, stilista e creatore di fruscianti kimono, di cui produce la seta e ne inventa i colori.
Tomita Sensei diffonde la cultura del kimono in tutto il mondo, con presentazioni e dimostrazioni per trasmettere la sua passione per un abito che non si indossa solo con con il corpo, ma anche con il cuore.
Ambasciatore della cultura giapponese, ha presentato le sue creazioni in tutto il mondo, iniziando negli anni Novanta, durante degli scambi culturali tra Cina e Giappone.
Attraverso la società Kyokaori, con sede in Giappone, il Maestro Tomita crea kimono e obi (la “cintura” del kimono, la fascia che viene annodata in vita) per uso personale con pezzi originali, ma fornisce anche costumi di scena per il teatro, il cinema e la televisione (alcuni sono stati indossati anche dalle star di Hollywood), oltre a continuare a diffondere la cultura giapponese in conferenze universitarie o altri incontri ufficiali.
Com’è fatto il kimono?
Gli abiti femminili sono composti da almeno 15 parti, ognuna con un nome che la descrive (fodera esterna, interna, sopra e sotto colletto, foro e drappeggio della manica, ecc.).
La vestizione parte dal primo strato, a contatto della pelle (nella dimostrazione le modelle rimanevano vestite), per proseguire con diversi strati man mano che sale la qualità e l’unicità del kimono.
Nella dimostrazione le ragazze venivano fasciate con metri e metri di stoffa, ogni volta che indossavano uno strato pensavo che fosse l’ultimo, invece la vestizione continuava ancora. Anche gli strati intermedi (fodere e sottovesti) sono di tessuto pregiato, con decorazioni e colori raffinati.
E quelli di Tomita Sensei?
Sono delle opere d’arte, create in pezzi unici. Stilista, designer e inventore, Tomita ci ha raccontato che in passato i kimono venivano tinti con colori naturali, creati da piante, bacche o altri elementi raccolti in natura. Purtroppo questi colori si stingono facilmente con il lavaggio dell’abito e il passaggio ai colori chimici è stato obbligatorio.
Anche se il Maestro Tomita in occasioni speciali ha decorato dei tessuti con ingredienti particolari come il limoncello di Sorrento, le fragole giapponesi di Tochigi o il cioccolato di Torino per commemorare il 150simo anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia.
Quanti tipi di kimono ci sono?
Il kimono è l’abito tradizionale giapponese, maschile e femminile. Si trovano lunghi elenchi di nomi che definiscono diversi tipi di kimono, più o meno pregiati, secondo l’uso e la categoria di persone che li indossavano: formali per donne sposate, abito da visita, con un motivo decorato (che dà il nome al tipo di abito), oppure in tessuto comune per andare alle terme, per praticare arti marziali o l’arte dell’intrattenimento della Geisha.
Il kimono di una Maiko (apprendista Geisha, adolescente tra 15 e 20 anni) è lungo 18-20 metri, il 50% più di un kimono normale, per permettere alla maiko di praticare agevolmente la danza e le altre arti tradizionali.
Chi erano (o sono) le Geishe?
Non sono prostitute di lusso, come comunemente si tende a pensare.
I due simboli grafici che compongono la parola geisha indicano i concetti di “arte” e “persona“. La figura di una persona che aveva il compito di intrattenere durante incontri ed eventi importanti nasce nel XVII secolo e inizialmente erano uomini, simili ai nostri giullari di corte. Nei secoli a venire le donne hanno soppiantato la figura maschile, per una maggiore inclinazione naturale alla grazia e all’eleganza.
La formazione della geisha iniziava in età infantile e le fanciulle seguivano un severo programma di educazione personale, oltre a imparare a danzare e a suonare diversi strumenti, servire il tè, recitare poesie ed intrattenere i clienti nei tradizionali ristoranti di lusso, chiamati ryotei.
Purtroppo dopo lo sbarco dei soldati statunitensi, durante la seconda guerra mondiale, si è diffusa l’idea distorta della geisha prostituta.
E oggi?
Il kimono rimane l’abito tradizionale, indossato durante cerimonie ed eventi particolari, ma la passione per il rito del kimono e la cultura che emana si è diffusa in tutto il mondo.
Per conoscere meglio il mondo della geisha consiglio il libro di Arthur Golden Memorie di una geisha, da cui è tratto l’omonimo film, diretto da Rob Marshall, vincitore di tre premi Oscar nel 2005 (sceneggiatura, costumi e fotografia), oltre a Storia proibita di una geisha, scritto da Mineko Iwasaki, la ex-geisha, che ispirò Golden per le sue Memorie ma lo denunciò dopo la pubblicazione per diffamazione.